Le emozioni si manifestano spesso sotto forma di agglomerati inarticolati piuttosto che in un’espressione verbale chiara e consapevole …capita sovente di non saper spiegare il proprio stato d’animo e di utilizzare quelle poche parole di uso comune come dolore, gioia, tristezza, angoscia…
Ma cosa c’è “dentro” queste parole?
Private del proprio significato condiviso restano dei contenitori vuoti che aspettano solo di essere riempiti con la propria storia, col proprio vissuto e con un proprio senso.
E’ qui che entra in gioco la scrittura..
Nel momento in cui ci si trova dinanzi a un foglio bianco per scrivere di un proprio stato interno inizia infatti un’opera di “sezionamento” e “analisi” dello stesso.
Lo scrivere permette di trovare la sfumatura e la tonalità giusta per descrivere la propria esperienza, facilitando l’espressione dei propri vissuti emotivi; questo lavoro di definizione del proprio pensiero e vissuto ha già di per sé il potere di “contenere” un affetto spiacevole, perché quest’ultimo non viene più semplicemente “subito” ma può essere pensato e depotenziato nella sua carica negativa.
La scrittura allora produce un ordine derivante dallo sviluppare una tesi, un’argomentazione, dal mettere in sequenza un prima e un dopo, dal collegare in maniera diversa avvenimenti affinchè il tutto riesca a garantire un equilibrio finale.
Abbiamo visto che la scrittura consente la narrazione e ciò è notoriamente terapeutico perché contiene un senso, una spiegazione, un significato che permette di comprendere in maniera più compiuta un fenomeno che aveva prodotto disorientamento e mancanza di equilibrio.
Ma allora se la narrazione è terapeutica, l’atto dello scrivere può sostituire un percorso psicologico? perché allora rivolgersi ad uno psicoterapeuta?
E’ vero che il narrarsi in seduta e lo scrivere consentono entrambi narrazione ma è anche vero che lo fanno in una maniera diversa e che è utile integrare.
La narrazione terapeutica a differenza di quella scritta avviene con un esperto, con una persona che può aiutare nel cogliere un particolare non considerato, ma soprattutto nella narrazione “a due” si ha la possibilità di essere “riconosciuti” emotivamente da un altro individuo.
Un buon percorso psicologico riesce a realizzare un racconto di se stessi avvertito come dotato di senso, poiché l’analisi degli eventi, permette di ritrovare un prima e un dopo, facilitando la comprensione della propria storia.
Questa esperienza unica di condivisione permette un rafforzamento della propria identità poiché quest’ultima è stata riconosciuta, accettata e rispettata, da qualcun altro.
Le due forme di narrazione possono pertanto arricchirsi vicendevolmente e l’ordine raggiunto in uno scritto può essere letto in seduta e stimolare nuove riflessioni, così come le sedute possono stimolare la voglia di ampliare la propria consapevolezza, raggiunta anche con la pratica dello scrivere.
In altre parole, tra i due momenti narrativi, l’orale e lo scritto, può innescarsi un rapporto di circolarità positivo, perché entrambi possono contribuire a percorrere un viaggio interiore capace di formare e trasformare.
Dott. Carlo Ricci